Mal di schiena lombare cronico: quanto influisce lo stress?

mal di schiena lombare cronico

Nel primo secolo d.C, Giovenale, scriveva nelle sue Satire: “mens sana in corpore sano”. Nessuna citazione potrebbe essere più indicata per descrivere il complesso meccanismo che si cela dietro al mal di schiena lombare cronico. 

Mal di schiena lombare cronico: la definizione esatta

Il dolore cronico lombare è inteso come un “dolore in zona lombare che dura dai 3 ai 6 mesi nonostante l’intervento medico” ed è, in termini di costi, uno dei maggiori problemi del sistema sanitario, dal momento che la diagnosi non è immediata, ed è una delle principali cause di assenteismo dal lavoro. Il fenomeno riguarda principalmente la popolazione adulta dai 18 anni in su, con un aumento di probabilità di sviluppare i sintomi in relazione all’aumento dell’età. 

Quali sono le cause del mal di schiena lombare cronico?

Si distinguono due meccanismi patogenetici principali: 

  1. il primo è direttamente correlato alla colonna vertebrale o alla componente neurologica
  2. il secondo è associato alla sfera emotiva e psicologica. Infatti, “la qualità della vita e le emozioni personali possono influenzare la postura e la consapevolezza dei segnali del corpo che possono aumentare la percezione del dolore”. 

Esso si manifesta come un dolore “localizzato tra il margine costale e sopra la piega glutea inferiormente, con o senza irradiazione sull’arto inferiore.” 

I fattori di rischio

Tra i fattori di rischio si annoverano lo stress, l’ansia, la soddisfazione personale e la qualità dell’ambiente che circonda i pazienti. Gli studi presi in considerazione correlano queste variabili allo sviluppo del dolore cronico lombare non specifico, che riguarda l’85% dei casi. 

L’approccio olistico è la soluzione più indicata per ottenere un miglioramento della sintomatologia del paziente. 

Come si classifica il dolore del mal di schiena lombare cronico?

Per la classificazione del dolore è stata istituita la scala ICF, il cui acronimo sta per Classificazione Internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute. 

In questo modo, il dolore cronico lombare viene ordinato secondo criteri oggettivi in 78 categorie, grazie alle quali “per la prima volta nella storia della medicina esiste ora una scala universalmente accettata.”

L’approccio al paziente

L’approccio al paziente prevede una diagnosi clinica che categorizzi il dolore lombare in una di queste tre macro aree: 

  • dolore lombare non specifico; 
  • dolore lombare associato a radicolopatia o stenosi del canale vertebrale; 
  • dolore lombare associato a cause spinali specifiche.

Nei casi in cui la diagnosi clinica non sia certa o sufficiente alla definizione della patologia, si può ricorrere alla diagnostica per immagini. In particolare, si può impiegare la radiografia tradizionale per le indagini di primo livello e, successivamente, la risonanza magnetica. 

Mal di schiena lombare cronico non specifico, entriamo nella sfera delle emozioni

Una volta escluse le cause organiche, che rappresentano il 15% dei casi, si può affermare che la sintomatologia della maggior parte della popolazione affetta rientri nel mal di schiena lombare cronico non specifico. 

Il dolore lombare cronico non specifico, per la diagnosi e per il trattamento, prende in considerazione la sfera emozionale del paziente. È stato dimostrato che situazioni di stress, ansia e depressione modificano la percezione del dolore, andando anche a coinvolgere il sistema immunitario con la produzione di specifici ormoni. 

Quanto influisce davvero lo stress

Questi sono fattori cruciali nell’evoluzione da un episodio di dolore acuto all’instaurarsi di una condizione cronica non specifica. Da un punto di vista neurofisiologico, la via scendente del dolore comprende una parte sensitivo discriminativa e una parte affettivo-emozionale. 

  • La prima porta alla corteccia somatosensoriale le informazioni che riguardano l’origine, l’intensità e la qualità dello stimolo;
  • la seconda riferisce al sistema limbico e al lobo frontale come l’individuo vive lo stimolo dolorifico. Quest’ultima spiega come si osservino risposte diverse tra individui sottoposti allo stesso stimolo.

Le terapie consigliate

I trattamenti attualmente consigliati prendono in considerazione la terapia fisica, la terapia manuale e la pratica della Mindfulness, con focus principale sulla qualità del respiro e del diaframma, che “oltre alla sua funzione respiratoria, ha un ruolo nella stabilizzazione del tronco e del controllo posturale”.

L’efficacia del trattamento osteopatico

Uno studio randomizzato ha valutato l’efficacia dell’OMT (Osteopathic Manipulative Treatment) sul miglioramento del dolore cronico lombare non specifico in due gruppi. 

  1. Ad uno è stato somministrato un protocollo di trattamento non incentrato sul diaframma;
  2. All’altro un trattamento costruito sull’importanza del diaframma. 

Quest’ultimo ha ottenuto migliori risultati in termini di riduzione del dolore e della disabilità. 

Mal di schiena lombare cronico: perché trattare il diaframma è fondamentale

I motivi sono da ricercarsi nella teoria del Gate control del dolore, e nel fatto che “il diaframma è innervato dal nervo vago, e che quindi lo stimolo meccanico ricevuto da questi pazienti abbia attivato le afferenze vagali, diminuendo la percezione somatica del dolore” (Martí-Salvador et al., 2018). 

Pilates, yoga e meditazione

Il Pilates nasce come disciplina olistica e viene già definita dal suo fondatore, Joseph Hubertus Pilates, con il concetto di “return to life through Contrology”. Con il termine “Contrology”, in particolare, si identificano il suo metodo e i suoi esercizi, inventati nel 1914. Il suo metodo punta all’ottenimento dell’equilibrio tra mente corpo e spirito, sottolineando come il potere della mente e della concentrazione possano influenzare l’esecuzione corretta del movimento. Dunque, poiché mette al centro la propria coscienza corporea tramite la concentrazione e il focus sulla respirazione, è possibile capire come questo metodo abbia ottenuto buoni risultati sui gruppi che l’hanno sperimentato. 

Da un altro studio è emerso che la pratica dello yoga impostata sulla consapevolezza del proprio corpo, sul respiro e sulla meditazione ha “migliorato l’umore e diminuito l’ansia nel gruppo sperimentale in confronto al gruppo di controllo che ha svolto solo attività di camminata”. Lo yoga infatti va a “stimolare il rilascio di alcuni ormoni responsabili del benessere tra cui la serotonina, il cortisolo, il deidroepiandrosterone e fattori neurotrofici di derivazione cerebrale” (Kuvačić et al., 2018). Il rilascio di queste sostanze si ritiene responsabile dei miglioramenti osservati. 

A conferma del potere che ha la meditazione sull’organismo, un altro studio ha dimostrato l’efficacia della pratica della Mindfulness based stress reduction: al termine del trial, i pazienti che hanno eseguito la pratica dimostravano una riduzione del dolore con un aumento del benessere fisico e psicologico. (Ardito et al., 2017). 

Come valutare l’efficacia di un trattamento?

Per stabilire l’efficacia di trattamento sono stati decisi dei criteri oggettivi, basati sulla compilazione di moduli prima dei trial e con cui si sono confrontati i risultati ottenuti. Le variabili analizzate nei diversi studi sono state quantificate in scale numeriche, sia per quanto riguarda la valutazione dell’efficacia di un esercizio fisico sia per i fattori somato-emozionali analizzati. (Owen et al., 2014, Ouchi et al, 2019). 

Ma allora, qual è la soluzione più efficace?

Ci sono varie evidenze che dimostrano quindi come la mente influenzi il corpo, e dal momento che non è possibile ridurre la diagnosi del dolore cronico lombare esclusivamente a cause organiche, anche il trattamento deve tener conto della variabilità di risposta alla noxa patogena che esiste tra i pazienti. 

La soluzione che potrebbe quindi dare una maggior efficacia in termini di miglioramento della qualità di vita è l’alleanza terapeutica dove più specialisti, tramite un approccio multidisciplinare, concorrono all’ottenimento del risultato: il benessere del paziente. 

Dal momento che i fattori psicologici ed emozionali non solo contribuiscono all’instaurarsi del dolore cronico, ma sono inoltre associati alla permanenza dei sintomi nel tempo, è importante operare su ogni fronte, tanto fisico quanto psicologico e ambientale. 

Non si può prescindere dal contesto

L’uomo moderno non può essere analizzato e curato senza tener conto dell’ambiente sociale e lavorativo con cui si relaziona, dei fattori psicologici ed emozionali che lo influenzano tramite pattern nervosi, della percezione di sé e del dolore. Anche nella cura non è possibile ridurlo alla sua dimensione organica, ma è opportuno valutarlo e trattarlo con un approccio multidisciplinare, possibilmente prevenendo l’instaurarsi di una condizione cronica. 

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